2000 - 2013

TREDICI ANNI DI IMPEGNO PER LA CITTA'








LA FIAT, IL LAVORO, I SINDACATI.



Chi scrive è da decenni impegnato a proporre e promuovere una democrazia sociale, economica, industriale. Verso la fine degli annni '60, secolo scorso, e anni seguenti, tramite il Centro Studi che ho diretto, prima a Bologna e poi a Milano, proposi la "partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese", in linea con le esperienze tedesche. A Milano, organizzai "seminari e convegni" su modelli innovativi di relazioni industriali e modelli alternativi di organizzazione del lavoro. E' veramente ampia la rassegna stampa, che conservo e che è diventata patrimonio culturale della Università Cattolica di Milano, che rende memoria della linea culturale e progettuale proposta. Voglio, cioè, dire che conosco la questione riguardante le politiche sociali e industriali. E, quindi, ritengo utile esprimere un giudizio su ciò che sta avvenendo, In Italia, circa le "politiche del lavoro". Circa la crisi dell'occupazione e gli interventi e le decisioni della FIAT. In base alle mie esperienze, la CISL e la UIL hanno sempre privilegiato la difesa degli interessi dei lavoratori ricorrendo alla dinamica contrattuale; vale a dire il "contratto"; il contratto, il più "garantista" possibile, nei confronti delle attese dei lavoratori e , nel contempo, una disponibilità ad esaminare "formule partecipative". La CGIL, invece, ha sempre privilegiato una "concezione ideologica". Con il rifiuto di qualsiasi attitudine "partecipativa". Per decenni, ambienti culturali e sociali, vicini alla CGIL, hanno sviluppato concezioni di "classe", il "conflitto di classe" come valore-guida. anche delle relazioni industriali e del lavoro. Oggi, di fronte alla sfida della "globalizzazione", diventa, a mio avviso, fondamentale rilanciare l'idea di "un'opera comune", per la salvaguardia dell'occupazione, tra il mondo delle imprese, del lavoro, con i sindacati, e le realtà politico- istituzionali. Deve, cioè, emergere con il contributo dei soggetti coinvolti un nuovo "progetto di Paese" e una conseguente politica industriale e sociale. Avendo, sopratutto, a cuore le esigenze delle nuove generazioni, dei giovani; in particolare, dei giovani del Sud. In questo contesto, si comprenderà meglio il mio giudizio sulla "questione FIAT". La FIAT è parte integrante della storia del nostro Paese; è, indubbiamente, una realtà industriale che ha concorso alla crescita dell'Italia, portandola ad essere, con altre realtà imprenditoriali, uno dei maggiori Paesi industrializzati, nel mondo. Ma, il Paese, le Istituzioni, non hanno mai abbandonato la FIAT nei momenti di gravi difficoltà che hanno contraddistinto il suo cammino. Le Istituzioni, con i vari governi dal dopoguerra ad oggi, hanno sempre dimostrato grande sensibilità nei confronti della FIAT. I supporti sono stati indubbiamente notevoli. Oggi, la FIAT ha una grande leadership, una dirigenza di spessore internazionale. E' giusto che questa dirigenza curi al massimo gli interessi della FIAT; è giusto che si dia "progetti" di salvaguardia e sviluppo compatibile. Ma, tale "compatibilità" porta ad escludere ciò che è "compatibile" con le attese dei lavoratori italiani, delle Istituzioni italiane. E' veramente impossibile trovare i "giusti equlibri"? Sono convinto che qualora la FIAT dovesse assumere gli stessi atteggiamenti della FIOM si farebbe del male. Sono convinto che qualora la FIAT dovesse considerare "periferica" l'Italia, si farebbe del male. La FIAT è la FIAT in quanto espressione della "italianità", nel senso che è garantita da un'immagine, un costume, un know how complessivo che appartiene alla tradizione del nostro Paese. Bisogna trovare, allora, un intelligente componimento della questione: il governo deve favorire una nuova qualità, in termini di politica industriale, creando un "quadro" di riferimento per le parti sociali; la dirigenza della FIAT non deve assumere atteggiamenti, tipo "o mangiate questa minestra o....", i sindacati sono chiamati a gesti di grade responsabilità. Come del resto stanno già facendo i dirigenti della CISL e della UIL.. La FIOM con la CGIL devono chiarire se accettano il "bene possibile" o chiedendo il "tutto" rischiano di far perdere ai lavoratori e all'Italia le occasioni per nuove fonti di sviluppo e di lavoro. E' tempo di gente saggia e coraggiosa.
Franco MANGIALARDI